Michele Anzaldi, deputato Pd e Segretario della Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi, scriveva ieri entusiasta sull’Unità online di un corto autoprodotto da giovani tutti sotto i 35 anni e presentato a Venezia; il soggetto è incentrato sul prossimo referendum costituzionale e il corto vuole essere un contributo per la campagna a favore del Sì. Tale è l’entusiasmo di Anzaldi che ne propone la visione in tutte le Feste dellUnità.
Ma cosa mostra il corto? La vicenda si svolge attorno ad un essere abietto, cinico, senza scrupoli. Il trucco e le espressioni aiutano ad sprimere fisicamente, con colorito giallognolo, la palpebra pesante e lo sguardo mellifluo, la profonda abiezione morale del protagonista, che emerge poi in tutta la sua evidenza in un dialogo da manuale del “perfetto essere schifoso”. Ma chi è il protagonista? Naturalmente un Senatore! Un senatore che nel suo enorme e lussuosissimo ufficio spiega al preoccupato assistente come anche questa volta ce la faranno: cosí come hanno evitato di fatto l’abolizione del finanziamento ai partiti (“più grano per noi”), eviteranno ora di essere mandati a casa dalla riforma, che faranno fallire. E come? Questo vomitevole essere che incarna la figura del Senatore, incarna anche uno stereotipo vecchio di secoli, uno stereotipo che ha animato la letteratura e l’immaginario reazionari: il complottista che opera nell’ombra, che tira i fili di una trama oscura e pervasiva, malvagia, malvagissima, per realizzare i suoi obiettivi di potere. E così, lo “schifoso” illustra il suo piano all’assistente non tanto schifoso, ma un miserello squallido che non vuol perdere le sue poche migliaia di euro e il posto promesso al cugino. “Abbiamo tanti alleati invisibili”, spiega il figuro. Certo, le trame del complotto sono sempre invisibili! E poi il piano occulto, condizionare le menti: dobbiamo insinuare il dubbio. E via con argomenti utilizzati per il No che saranno messi in bocca ai tanti che godono e profittano del sistema di favori del quale il Malvagio è espressione. Così procede il corto, così ilustra come il complottista e il complotto metteranno a frutto le miserie umane, le avidità degli opportunisti, ma anche la vanità di coloro che – intellettuali – avranno ora l’opportunità delle prime pagine dei giornali. Così disegna le fattezze del Male, il Male che vuole impedire il progresso, che vuole ostacolare il Bene, rappresentato, ovviamente, dal Sì al Referendum.
Questo concentrato – certo ben realizzato – di luoghi comuni e banalità complottistiche è dunque giunto al Festival di Venezia e dovrebbe, secondo Anzaldi, essere trasmesso in tutte le Festa dell’Unità. Vorremmo chiedere se questo entusiasmo è condiviso da altri sostenitori della Riforma. Vorremmo chiedere se il Comitato per il Sì ha “incamerato” nella propria campagna questo delizioso prodotto di cultura reazionaria, illiberale, degna di narrazioni di regimi autocratici più che della politica di una forza democratica. Lo chiediamo anche perché alla fine del corto, sotto la scritta “un contributo spontaneo alla campagna referendaria” , compare l’ormai noto logo Basta un Sì. Lo chiediamo per capire se nel prossimo spot vedremo inquadrato un carretto balzellante sul selciato pieno di senatori condotti alla ghigliottina e poi, cambio di inquadratura, deliziose tricoteuses riformiste in attesa, sotto al palco, delle teste rotolanti. Lo chiediamo perché lo “sdoganamento” di una sottocultura da popolino becero e con la bava alla bocca, da sempre nutrimento del peggio della storia, ci preoccupa assai.
Nel mondo dell’audiovisivo di creazione, soprattutto quello indipendente, una recensione così lunga e argomentata è un successo ….anche se negativa. Vorrei capire se lo stesso trattamento è stato riservato al film premio Oscar “La grande belkezza”…anche quello intriso di stereotipi e luigi comuni della politica dove si fa riferimento ad un non meglio specificato Partito…che vista la trama e il contesto intellettual-progressista-salottiero-romano doveva essere ovviamente il PD dell’epoca …non certamente a gestione Renzi.
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