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In origine fu Kennedy vs Nixon (1960). E pare che la migliore immagine del primo, la sua scioltezza e l’impaccio e l’immagine stanca del secondo abbiano svolto un ruolo in quella competizione giocata sul filo del rasoio. E chi non conosce la celeberrima frase di Valery Giscard d’Estaing che segnò il primo dibattito a due in Francia (1974): “Vous n’avez pas, Monsieur Mitterrand, le monopole du coeur”. E via via, si potrebbe scrivere una interessante storia dei duelli televisivi tra candidati, una storia che ha accompagnato negli anni e nei decenni le trasformazioni della politica e della comunicazione. Sino al Berlusconi vs Occhetto del 1994, confronto condotto da Enrico Mentana e che fu tra i segnali dell’entrata nella comunicazione moderna della politica italiana, poi seguito dai duelli Berlusconi-Prodi (Berlusconi, sempre lui). E poi, sempre a casa nostra, i duelli Renzi-Zagrebelsky e Renzi-De Mita, una torsione del significato originario del duello tra candidati, trasformatosi in duello tra la policy (la riforma costituzionale) fatta persona e simboli viventi delle forze che ad essa si opponevano.

E ora si profila una ancora nuova edizione del classico frame del duello. Matteo Renzi e Luigi Di Maio si lanciano una sfida nel cortile di Twitter, scelgono data (7 novembre) e ora (prime time) del duello e dopo comunicati incrociati apprendiamo  da Twitter e Facebook (account del portavoce di Renzi, Marco Agnoletti) che il terreno della singolar tenzone (che si terrà non all’alba, ma a sole già calato) sarà Di Martedì di Floris, su La7. Anche qui potremmo scrivere dello svolgersi della politica nel nuovo palcoscenico integrato di media nuovi e tradizionali. Ma è altro che ci interessa.

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Che natura ha questo scontro? Renzi e di Maio sono solo due dei protagonisti di questa campagna già cominciata per elezioni che non sappiamo ancora quando esattamente si terranno. I duelli sono tra due contendenti: leader indiscussi di due coalizioni che si fronteggiano per la guida del paese, candidati alla presidenza negli Stati Uniti, vincitori del primo turno alle presidenziali francesi. Nel contesto delle prossime elezioni legislative non vi è molto spazio per l’idea del “candidato premier”. Di Maio lo è per il M5S, ma sappiamo che con la nuova legge elettorale difficilmente il movimento di Grillo potrà sperare di avere una forza tale per governare da solo e – al momento – ribadisce costantemente che non è interessato a alleanze. Ma, soprattutto, Di Maio si trova a fronteggiare almeno due coalizioni. Una al momento è misteriosa, perché non sappiamo ancora con chi si alleerà il Partito democratico; in più, non sappiamo nemmeno, nel caso – anch’esso improbabile – che questa futura coalizione dovesse ottenere la maggioranza dei seggi nelle due camere, chi sarà chiamato a sedere a Palazzo Chigi (dipenderà, forse, anche dall’esito delle elezioni siciliane, che per giunta si tengono due giorni prima del duello). L’altra è quella del centro-destra, più chiara, ma non esente da scricchiolii; ma, soprattutto, siamo ben lontani dal conoscere la leadership di quella coalizione e, dunque, l’eventuale inquilino di Palazzo Chigi nel caso (non probabilissimo) in cui il centrodestra ottenga una maggioranza per governare.

Il duello, dunque, non è tra due candidati alla guida del paese. Esclude almeno due protagonisti del gioco politico odierno, Berlusconi e Salvini, e pone a confronto un candidato premier di un partito che difficilmente arriverà a governare (anche se non bisogna mai dire mai) con un protagonista della vita politica che, però, è tutt’altro che certo di poter essere designato come candidato alla guida del governo della coalizione che dovrebbe costruirsi attorno al proprio partito. A ciò aggiungiamo che un esito, probabile, delle elezioni che non dia la maggioranza a nessuno prefigura alleanze di governo incoerenti con l’offerta politica pre-elezioni e – dunque – un ruolo significativo del Quirinale nella scelta di un possibile capo di governo.

Rispetto al ‘tradizionale’ significato del ‘duello politico’ questo match è dunque pura fiction. Esso altro non è che funzionale alla messa a punto dell’immagine dei suoi due protagonisti dentro alla campagna permanente italiana. Protagonisti che, peraltro, si esprimono senza soluzione di continuità ovunque, sui social network, in televisione, sui giornali, in un rimbalzo continuo di dichiarazioni. Chi seguirà l’incontro lo farà soprattutto – immaginiamo – per vedere quanto bravo è il proprio campione, quanto sarà fatto nero l’avversario, per la curiosità di vedere chi la spara più grossa, perché mentre lava i piatti, corregge i compiti dei suoi studenti o sfoglia tardivamente i quotidiani del giorno ha bisogno di un sottofondo. Difficilmente si può ipotizzare che i duellanti saranno seguiti per conoscere nuovi contenuti, le loro proposte; e nemmeno per meglio comprendere le loro doti, anche comunicative. Perché i due, come si diceva, ci compaiono davanti di continuo, interpretano da tempo e con una tendenza all’ubiquità i loro ruoli da co-protagonisti (con altri) della serie televisiva della politica italiana.

Di Maio vuole mostrare di essere all’altezza del suo nuovo ruolo di leader dei Cinque Stelle, Renzi che merita di mantenere quello di leader della sinistra. Ma, annegato nella comunicazione continua che entrambi producono – continua e pure ripetitiva – questo finto duello rischia di essere percepito -da chi non si sente direttamente coinvolto in una solida appartenenza partigiana- solo come un momento un poco più vivace e divertente di una filastrocca ormai nota.

Eppure il match ha visto scendere in campo – e con una certa ‘pesantezza’ – la Rai che ha cercato di accaparrarsi quello che riteneva evidentemente un gustoso boccone (e dal punto di vista dell’audience, forse non a torto). E immaginiamo quanto gongoli ora Floris che si troverà ad ospitare l’ ‘evento’. Perché questa è la logica mediatica. La logica dell’audience che ha trasformato l’informazione, e l’informazione politica, separandola  – con lodevoli eccezioni – progressivamente dal valore e dall’interesse dei contenuti e forgiandola sempre più come puro spettacolo. La Rai aveva preteso di ospitare il confronto Di Maio-Renzi vantando il proprio ruolo di servizio pubblico. Ma, diciamolo, nel mettere in scena questo ennesimo balletto di ego non vi è nulla di servizio al cittadino, solo il desiderio del colpaccio auditel. La Politica, quella che servirebbe a mettere in gioco serie soluzioni alternative a problemi reali, può attendere.

 

5 thoughts on “Di duello in duello, verso il nulla #DiMaio #Renzi

  1. Pingback: C’era una volta un dibattito e ora non c’è più. Il cortile della politica italiana | sofiajeanne

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