Il problema che già era emerso in occasione della prima campagna lanciata dal Ministero della Salute per il #fertility day e che si ripropone ora con quel manifesto idiota-razzista ritirato alla fine di una giornata di nuove proteste è, soprattutto, l’ignoranza.
C’è una ignoranza di base, innanzitutto, della lingua italiana e del suo uso, come nota con un tweet Guia Soncini che rileva come nel comunicato di risposta del Ministero alle polemiche e alle accuse (a mio avviso fondate) di razzismo si confonda “omogeneo” con “eterogeneo”, confusione non da poco. Poi, proprio per essere cavillosi, riportiamo una osservazione al tweet di Soncini, dove qualcuno nota che forse “la società in cui viviamo” sarebbe più corretto de “la società che viviamo”.
Ma oltre a questa ignoranza sui fondamentali (ma forse le cose si tengono), vi è una ignoranza più generale, che ha a che fare con l’ignorare, appunto, la sensibilità pubblica. In altre parole, se proprio chi ha immaginato questa ennesima pessima cartolina – e chi ha controllato il prodotto – è privo di una sensibilità propria tale da farlo arretrare di fronte a una rappresentazione del bene e del male attraverso persone “linde” e “chiare” e persone “stazzonate” e “scure” , dovrebbe almeno possedere (visto il ruolo che ricopre) la conoscenza della sensibilità pubblica, che è cambiata dagli anni delle conquiste coloniali, è anche diversa da quella degli Stati americani del Sud degli anni Cinquanta. Forse chi ha pensato di utilizzare in quel modo quelle immagini non è stato avvertito che nei film gli attori neri nel doppiaggio non vengono più fatti parlare con la “b” al posto della “p” e utilizzano altre forme verbali oltre all’infinito.
Insomma, il problema è che chi ha gestito la campagna, oltre forse a condividere una certa visione del mondo (ma questo è coerente con l’impostazione del ministro Lorenzin), pare privo di quella cultura che è soprattutto sensibilità e capacità di comprendere la società e il proprio tempo. Ma allora perché queste persone ricoprono quei ruoli? E qui la risposta è facile: “E’ la mediocrazia, bellezza”.
La mediocrazia che si è ormai diffusa in tutto il mondo occidentale, ma che – come osservava un mio amico – in Italia sta ormai diventando peggiocrazia.